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Kenya e Tanzania: un viaggio indimenticabile

  • gimmycarpanzano
  • 11 apr
  • Tempo di lettura: 6 min

Questa è un'avventura nel cuore dell’Africa orientale, tra Kenya e Tanzania, dove la Rift Valley spacca la terra come una cicatrice antica e il tempo rallenta, lasciando spazio alla meraviglia della natura.

È iniziato tutto all'aeroporto di Nairobi, dove ad accoglierci c'era il nostro compagno di strada: un robusto camion 4x4 che abbiamo soprannominato Armadillo.


Appena lasciamo Nairobi, il paesaggio cambia. Grattacieli e traffico lasciano il posto a colline ondulate e villaggi che sembrano sbucare dal nulla. Attraversiamo la linea dell’Equatore, un gesto semplice, ma carico di significato: da qui inizia davvero il nostro viaggio. La stessa sera montiamo le tende all’Umoja Campsite, sulle sponde tranquille del fiume Ewaso Nyiro. Poi una cena sotto le stelle africane, tra sapori locali e nuove confidenze, e il tempo comincia a scorrere con un ritmo nuovo, lentamente come il fiume di fianco a noi.



Il giorno dopo entriamo nella Samburu National Reserve. Un luogo autentico, lontano dal turismo di massa, dove la natura si mostra in tutta la sua potenza. Il primo safari ci lascia senza fiato: giraffe, leoni, elefanti… uno di loro decide di avvicinarsi troppo, e per un attimo il cuore si ferma.



Accanto al parco incontriamo i Samburu, il “popolo delle farfalle”. Ci accolgono con danze colorate e sorrisi intensi. Entriamo nei loro villaggi, osserviamo i gesti antichi, ascoltiamo le storie tramandate a voce. I Samburu sono pastori nomadi, fieri custodi di una cultura millenaria. Il loro legame con la terra e con il bestiame è profondo, quasi sacro. Indossano gioielli elaborati e abiti dai colori vivaci che raccontano la loro identità.


Donne della tribù dei Samburu durante una danza tipica
Donne della tribù dei Samburu durante una danza tipica

Ripartiamo verso sud, tra strade polverose e panorami infiniti. Ci fermiamo alle Thompson Falls, una cascata imponente alta 74 metri, alimentata dal fiume Ewaso Nyiro. Si trova nei pressi della cittadina di Nyahururu, sull’altopiano centrale del Kenya, a oltre 2.300 metri di altitudine. Il clima fresco e la vegetazione rigogliosa rendono questo luogo un angolo sorprendente, lontano dall’immaginario tipico della savana. In serata raggiungiamo il Lago Naivasha, dove la notte ci accoglie con il silenzio degli ippopotami che ci osservano da lontano.

All’alba saliamo su una barca e, navigando lentamente, vediamo ippopotami affiorare a pochi metri da noi e uccelli volare bassi sull’acqua intenti a cacciare.



Attracchiamo su Crescent Island, una piccola penisola a forma di mezzaluna, oggi riserva naturale privata. Qui ci avventuriamo in un safari a piedi, tra giraffe, zebre, gazzelle e antilopi che pascolano libere e tranquille. Non ci sono predatori, e possiamo muoverci in sicurezza, osservando la fauna da vicino.

Questo luogo è stato anche set cinematografico: alcune scene del celebre film La mia Africa sono state girate proprio qui.


Bambini della tribù Himba giocano con dei bidoni dell'acqua
Un cucciolo di giraffa cammina libera a pochi passi dalla mia videocamera

Nel pomeriggio ci spostiamo a Hell’s Gate. Questo parco nazionale prende il nome da una stretta gola con pareti a picco, un tempo spaccatura attiva della crosta terrestre, che univa il Lago Naivasha all'attività vulcanica dell’interno. Pedaliamo tra questi canyon in uno dei pochi parchi africani dove è possibile fare un safari in bicicletta. Tra queste formazioni rocciose è nata l’ispirazione per le ambientazioni de Il Re Leone.


Donna Himba danza a ritmo tribale
La leggendaria Rupe dei re, dove Simba, il re leone, viene presentato al mondo

Proseguendo verso ovest, Armadillo ci conduce al Masai Mara. Questo parco, situato nel sud-ovest del Kenya, è la naturale estensione del Serengeti in Tanzania e prende il nome dal popolo Masai e dal fiume Mara che lo attraversa.

Qui la natura domina incontrastata, e il tempo sembra rallentare per lasciar spazio all’osservazione. Durante i nostri safari ci immergiamo nel cuore della grande migrazione, uno degli spettacoli naturali più impressionanti al mondo.

Ogni anno, oltre due milioni di animali – tra gnu, zebre e gazzelle – attraversano queste pianure in cerca di pascoli più verdi, affrontando predatori, fiumi in piena, in una lotta continua per la sopravvivenza.



E con gli occhi pieni di meraviglia ci lasciamo alle spalle il Kenya, attraversiamo il confine e mettiamo piede in Tanzania.

La prima tappa ci porta a Bunda, dove ci fermiamo in una scuola elementare.

È lì che scopriamo il suono più forte di tutta l’Africa: le risate dei bambini.

Un suono puro, contagioso, che rimbalza tra i muri del cortile e ci travolge come un’onda.

È bastato un pallone per far scatenare il caos nel cortile della scuola, in pochi attimi centinaia di bambini felici ci hanno circondati per farci giocare con loro e noi ovviamente non abbiamo perso l'occasione. Posso dirlo con certezza: questa è stata l’esperienza più intensa di tutto il viaggio e forse anche della mia vita. Perché in quegli sguardi c’era tutto: leggerezza, semplicità e speranza. Per un istante, abbiamo smesso di essere viaggiatori. Eravamo semplicemente tutti insieme.


Famiglia di elefanti del deserto

Con le orecchie ancora un po' stordite dalle grida dei bambini e il cuore pieno di felicità, riprendiamo il nostro viaggio. Appena lasciato il centro abitato, la strada torna sterrata, il paesaggio si allarga e arriva, puntuale come in ogni vera avventura, l’imprevisto: una gomma bucata. Ci fermiamo. Mani nella polvere e risate. Sono momenti così, in mezzo al nulla, che rivelano il vero spirito del viaggio: l’adattamento, l’improvvisazione, la forza del gruppo. Poi finalmente arriviamo alla nostra prossima tappa: il Serengeti National Park. Gli animali sono ovunque: gnu in fila indiana, zebre a perdita d’occhio, elefanti che si muovono con grazia, leoni distesi all’ombra. Ci fermiamo, in silenzio, ad ammirare.

È come vivere dentro un documentario, ma con il cuore che batte forte e la polvere vera sulla pelle.

Pianura del Serengeti con decine di zebre ed elefanti che vivono in simbiosi
Pianura del Serengeti con decine di zebre ed elefanti che vivono in simbiosi

il Serengeti, riconosciuto Patrimonio dell’Umanità UNESCO, è uno dei luoghi più straordinari del pianeta. Ci troviamo nel cuore della Tanzania settentrionale, in un’area immensa che si estende per quasi 15.000 chilometri quadrati, al confine con il Kenya. Il suo nome, che in lingua masai significa "pianura sconfinata", descrive perfettamente ciò che ci si apre davanti: un orizzonte che sembra infinito, dove la terra e il cielo si incontrano senza barriere.



Dopo il Serengeti, ci dirigiamo verso il Lago Natron. La strada diventa sempre più isolata, la vegetazione si dirada, e il paesaggio assume un carattere quasi lunare. Siamo in una delle aree più remote e selvagge della Tanzania, dove la natura si mostra nella sua forma più essenziale. Il lago si trova all’interno della Great Rift Valley, una gigantesca frattura geologica che taglia l’Africa da nord a sud. Questo lago è noto per il suo colore rosso e per la capacità di “pietrificare” gli animali che vi si immergono per cercare cibo, come i milioni di fenicotteri che ogni anno si recano qui per riprodursi.

Il lago Natron ospita ogni anno milioni di uccelli acquatici
Il lago Natron ospita ogni anno milioni di uccelli acquatici

Ad accoglierci, un piccolo villaggio Masai, dove la vita si svolge secondo ritmi antichi, in simbiosi con la terra. Camminiamo insieme agli abitanti, ascoltando storie attorno al fuoco, imparando dai loro gesti essenziali, e lasciandoci trasportare dal battito regolare di una cultura che resiste.


Piccolo villaggio Masai
Piccolo villaggio Masai

Sullo sfondo si erge il vulcano Ol Doinyo Lengai, la "Montagna di Dio", sacra per il popolo Masai. Il suo cono si staglia contro il cielo come una sentinella silenziosa, custode di queste terre estreme.


Vulcano Ol Doinyo Lengai al tramonto
Vulcano Ol Doinyo Lengai al tramonto

Le ultime tappe del nostro viaggio ci portano in due dei luoghi più iconici della Tanzania. La prima è il cratere del Ngorongoro. Si tratta di una caldera vulcanica formatasi circa 2,5 milioni di anni fa, una delle più grandi al mondo intatte, con un diametro di circa 20 chilometri e una profondità di oltre 600 metri. Dall’alto, la gigantesca conca verde ci lascia senza fiato.


Panoramica di Deadvlei - deserto del Namib
Panorama del cratere del Ngorongoro

All’interno del cratere vivono oltre 25.000 animali selvatici, tra cui leoni, bufali, elefanti, iene, ippopotami e persino il raro rinoceronte nero. La biodiversità è incredibile, e ciò che rende unico questo ecosistema è che predatori e prede convivono in uno spazio relativamente chiuso, mantenendo un equilibrio naturale perfetto.



Poi ci spostiamo verso il Parco Nazionale del Tarangire, ultima tappa del nostro viaggio.

Il parco si estende per circa 2.850 km² ed è famoso per due elementi che lo rendono immediatamente riconoscibile: gli imponenti baobab che ne disegnano il paesaggio e le grandi mandrie di elefanti.


Vulcano Ol Doinyo al tramonto
Vulcano Ol Doinyo al tramonto

Durante la stagione secca, da giugno a ottobre, il fiume Tarangire diventa una delle poche fonti d’acqua disponibili, attirando un’eccezionale concentrazione di animali.

I baobab ci sovrastano e quando una famiglia di elefanti ci attraversa la pista a pochi metri, rallentiamo e osserviamo, in religioso silenzio. È uno di quei momenti che non si dimenticano, dove il tempo sembra fermarsi.


Panoramica di Deadvlei - deserto del Namib
Tramonto al Tarangire National Park

È proprio qui che scegliamo di trascorrere la nostra ultima notte insieme, nel cuore della savana. Montiamo le tende un’ultima volta, ci raccogliamo attorno al fuoco, e ci lasciamo cullare dai suoni della notte africana: un ruggito lontano, il richiamo di una civetta, il fruscio dell’erba mossa dal vento. Il viaggio volge al termine, ma qualcosa di profondo è cambiato. E mentre guardiamo le stelle, capiamo che questa terra ci ha lasciato un segno che porteremo con noi per sempre.



La road map del viaggio
La road map del viaggio

 
 
 

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